Nel dicembre scorso la Commissione Europea ha annunciato l’avvio di indagini preliminari volte a verificare da un lato che le modalità con cui Facebook raccoglie, elabora, utilizza e monetizza, anche a fini pubblicitari, i dati in suo possesso rispettino le regole della concorrenza Ue, dall’altro se vi siano i presupposti di una posizione dominante con riferimento a “Marketplace”, il mercato interno gratuito di Facebook dove chiunque può vendere e comprare oggetti di qualunque tipo.
Nonostante il fatto che, in un’ottica di collaborazione e al fine di favorire le indagini, Facebook Inc. abbia fornito alla Commissione UE circa 1,7 milioni di documenti digitali, inclusi messaggi di posta elettronica interni, l’Antitrust europeo ha di recente richiesto di fornire, in aggiunta a quanto già in suo possesso, tutta documentazione contenente parole chiave e frasi come “grande domanda”, “gratis”, “non va bene per noi” e “shutdown”.
A seguito di tali richieste Facebook ha fatto causa all’Unione Europea per invasione della privacy dei propri dipendenti, depositando il 15 luglio scorso presso il presso il Tribunale del Lussemburgo un ricorso nel quale così motiva: “La natura eccezionalmente ampia delle richieste della Commissione significa che saremmo tenuti a consegnare documenti in prevalenza irrilevanti, che non hanno nulla a che fare con le indagini della Commissione, tra cui informazioni personali altamente sensibili come informazioni mediche dei dipendenti, documenti finanziari personali e informazioni private sui familiari dei dipendenti“.
Bruxelles ha subito fatto sapere, per tramite di un portavoce, che il caso verrà difeso davanti alla Corte e che ciò non ferma l’indagine della Ue sul potenziale comportamento anticoncorrenziale di Facebook, che resta in corso.